Tra le cose più complicate emerse in questi mesi, durante la pandemia, è stata sicuramente quella dell’attuazione dei piani di emergenza previsti dalla Protezione Civile e dalla Comunità Europea. La pandemia verificatasi durante questo periodo, sicuramente, non rientrava nei piani di gestione delle emergenze, ma ha comunque portato a galla quelli che sono i limiti del nostro sistema e dell’approccio interazionale a questi tipi di emergenze che si verificheranno sempre più frequentemente nel futuro.
Lo stesso Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri , in un’intervista ad Avvenire afferma:
Penso serva una riflessione che disciplini, in modo stabile, come ci si comporta nei casi di emergenza, quando l’ansia del tempo che non c’è rischia di prevalere su tutto.
E continua dicendo:
E’ necessario definire con più precisione ruoli e funzioni. Servirebbe un punto di equilibrio tra il fondamentale ruolo di coordinamento del governo dello Stato centrale e l’azione insostituibile, sul campo, di Regioni e Comuni.
La gestione delle emergenze è l’insieme di tutte le misure pianificate ed adottate, per contrastare ogni emergenza al meglio possibile. La buona collaborazione di tutte le persone che possono essere coinvolte in un’emergenza, è la base di tutto ciò.* Come definisce la Protezione Civile, le attività principali per la gestione dell’emergenza si possono riassumere in: Previsione, Prevenzione, Emergenza e Superamento dell’Emergenza.
Concentrandoci sulla “Prevenzione” e sulla parte di “Emergenza”, possiamo capire come si muove la Protezione Civile a livello nazionale per contenere e gestire questi eventi al meglio.
Per la Prevenzione, la conoscenza del territorio e delle soglie di pericolo per i vari rischi costituisce la base da cui partire per poter pianificare al meglio gli stati di attivazione – attenzione, preallarme e allarme, per i rischi prevedibili.
Le attività principali su cui si basa la Protezione Civile per la “Prevenzione”, possono essere riassunte in 3 sezioni:
Programmi di previsione e prevenzione. Questi sono lo strumento per individuare le priorità di intervento e i tempi con cui attuare azioni di protezione civile, basandosi sulla pericolosità di ogni evento, della vulnerabilità del territorio di riferimento e della disponibilità finanziaria al momento. Per la preparazione di programmi di previsione e prevenzione, il Dipartimento della Protezione Civile dà linee guida, ma sono poi gli enti locali, in particolare le Province e i Comuni, a metterli in pratica con attività di previsione e interventi di prevenzione.
Piani di protezione civile. I programmi sono il presupposto per la definizione dei piani di protezione civile, cioè le procedure operative da attuare quando si verifica un evento in un determinato scenario. I piani di protezione civile differiscono per tipologia di rischio e si riferiscono ad aree specifiche del territorio italiano. Al Dipartimento compete la pianificazione di emergenza per eventi “attesi”, che per natura ed estensione richiedono l’intervento degli organi centrali dello Stato. Le Regioni danno linee guida per la preparazione dei piani provinciali per gli eventi di tipo b, e i Comuni predispongono i piani per eventi di tipo a, a seconda dei rischi del loro territorio** (per capire la differenza tra tipologie di rischio a, b e c).
Informazione, formazione ed esercitazioni. Aspetto fondamentale della prevenzione è la sensibilizzazione della popolazione sui rischi del territorio, su cosa fare in caso di pericolo, e su come facilitare i soccorsi durante una calamità.
Come sappiamo, la sezione della Protezione Civile è pronta ad agire immediatamente per ogni emergenza in modo da ridurre al minimo il tempo che intercorre tra una calamità e i primi soccorsi e interventi per limitare il peggioramento della situazione.
Le attività principali su cui si basa la Protezione Civile nelle situazioni di “Emergenza”, possono essere riassunte in 4 processi principali:
Eventi di protezione civile. La definizione della calamità basandosi sulle tre tipologie di rischio a, b, e c risulta fondamentale per poter agire nel modo corretto in base all’effettiva criticità del rischio.
Piani di emergenza. Per garantire una risposta immediata ed efficiente alle calamità, gli enti locali devono agire sulla pianificazione per la gestione dell’evento, che individua i possibili rischi del territorio, la strategia e il modello di intervento nel caso in cui avvenga la suddetta criticità, le responsabilità e la metodologia di scambio di informazioni tra sistema centrale e periferico. Province e Comuni predispongono i piani a seconda dei rischi del loro territorio.
Coordinamento delle attività nei centri operativi. Ai vari livelli territoriali e funzionali, il coordinamento segue i principi del metodo Augustus, che permette una gestione semplice e flessibile dell’emergenza. Gli organi di coordinamento sono i “centri operativi”, organizzati in funzioni di supporto, associate a diversi settori di attività e di intervento.
Attivazione del Dipartimento. In base alla situazione prevista o in atto, il centro di coordinamento assume diversi gradi di attivazione, chiamati Stati di configurazione, secondo una procedura interna. In caso di eventi di tipo c, la Sala Operativa si configura come Unità di crisi e viene convocato il Comitato operativo, che ha il compito di indirizzare e coordinare l’intervento in emergenza.
In questo articolo abbiamo preso in esame solo 2 dei 4 processi che determinano la gestione di un’emergenza e le successive azioni per contenerla da parte della Protezione Civile. Emerge dunque un panorama sfaccettato e complesso con molti ruoli e un complicato sistema di comunicazione interno al servizio che rende la Protezione Civile un vero e proprio organismo collaborativo di natura sistemica, dove ogni organismo (comuni, provincie e regioni) ha la necessità di poter collaborare al meglio con ruoli chiari e definiti.
Vedremo nel prossimo articolo la parte di “Previsione” e “Superamento dell’emergenza”.
*Riferimento a provincia.bz.it
** Riferimento a protezionecivile.gov.it
In Italia, le calamità naturali che decretano l’attuazione di uno stato di emergenza sono definite in base a tre criteri: estensione, intensità e capacità di risposta del sistema di protezione civile.
Basandoci su questi criteri, le catastrofi naturali per lo stato di emergenza vengono suddivise in tre tipi: “tipo a“, per le quali la direzione di intervento è a responsabilità comunale; “tipo b“, per le quali la direzione d’intervento è a livello provinciale e regionale e il “tipo c”, per le quali è richiesto un intervento a livello nazionale.
Per quest’ultime emergenze di rilievo nazionale devono essere, con immediatezza d’intervento, fronteggiate con mezzi e poteri straordinari, per le quali il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza, su proposta del Presidente del Consiglio, senza la necessità di vagli parlamentari.
Il Codice della Protezione Civile ridefinisce la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale, portandola a un massimo di 12 mesi, prorogabile di ulteriori 12 mesi.
Lo stato di emergenza può essere dichiarato quando avviene la catastrofe, oppure quando è in procinto di presentarsi una calamità naturale o un evento connesso all’attività dell’uomo in Italia. Se prendiamo come esempio l’anno 2019, in Italia, si sono chiusi 6 stati di emergenza e ne sono stati dichiarati 18 di nuovi. Nel 2018, siamo risultati 6° su 196 nazioni per vittime causate da catastrofi naturali, secondi solo al Myanmar, che occupa il primo posto, e a seguire Russia, India, Francia e Cina, con un costo complessivo di oltre 18 Miliardi di euro nel periodo 1999-2018 (circa 0,9 Miliardi di euro all’anno).
La necessità di deliberare lo stato di emergenza è quella di “sbloccare”, nella maniera più veloce possibile, i fondi monetari per affrontarla ed evitare che l’impreparazione dovuta alle mancanze tecniche di strumenti e attrezzature risulti fatale. Ulteriori risorse possono essere assegnate, a seguito della comprovata necessità confermata dai Commissari delegati. Nella delibera viene indicata anche l’amministrazione pubblica competente in via ordinaria che subentra nelle attività per superare definitivamente le criticità causate dall’emergenza.
Le ordinanze sono emanate dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, se non diversamente stabilito con la deliberazione dello stato di emergenza. L’ attuazione delle ordinanze è curata, in ogni caso, dal Capo del Dipartimento. Allo scadere dello stato di emergenza viene emanata un’ordinanza di chiusura che disciplina e regola il subentro dell’amministrazione competente.
questo è un piccolo scorcio sulle caratteristiche dello stato di emergenza in Italia e i procedimenti necessari per attuarlo. Per maggiori informazioni fare sempre riferimento a siti di riferimento quali governo.it o www.protezionecivile.gov.it